Giorno della memoria 2020: quando le celebrazioni oscurano la storia
Il caso della pietra d’inciampo a Carpaneto piacentino e la lettera di protesta dell’Isrec
Al Sindaco del comune di Carpaneto Avv. Andrea Arfani
p.c.
- al Prefetto di Piacenza Dott. Maurizio Falco
- al Presidente della Provincia di Piacenza Avv. Patrizia Barbieri
- al vicesindaco del Comune di Piacenza Elena Baio
- alla Dirigente dell’Istituto comprensivo di Carpaneto Prof.ssa Monica Ferri
- al quotidiano di Piacenza “Libertà” e alla stampa
- a Gunter Demnig
- a Chiara Croci, “Sindaco dei ragazzi”
Gentile Signor Sindaco,
leggiamo su ”Libertà” del 3 febbraio 2020 (p. 16) la notizia della installazione della pietra d’inciampo dedicata a Markus Nichtberger a Carpaneto piacentino e desideriamo segnalarle gli errori riportati sulla lapide ed esprimere il nostro disagio per le falsificazioni consapevolmente o inconsapevolmente operate, in offesa della verità storica e soprattutto delle vittime della Shoah.
La tristissima vicenda della famiglia Nichtberger – quattro profughi, due genitori e due ragazzi, in fuga dalla Germania nazista e antisemita che troveranno la morte ad Auschwitz, grazie alla attiva complicità del governo italiano – è stata studiata dal nostro Istituto fin dagli inizi degli anni ’90. Le indagini, arricchite nel corso del tempo, sono state pubblicate, con ampia documentazione e preciso riscontro con le fonti e la storiografia, negli accurati saggi di Gabriela Zucchini (1994 e 2010) e in forma divulgativa come accompagnamento alla mostra omonima nel volume Leggi razziali e antisemitismo a Piacenza di Carla Antonini, direttrice Isrec (Scritture, 2019).
La ricerca storica attesta che Markus (e non Marcus!) Nichtberger, si trovava, quando venne fermato, sulla costa adriatica italiana in cerca di imbarco e salvezza, a 1.000 chilometri da Berlino, dove abitava con tutta la famiglia. Ad Abbazia (provincia del Carnaro/Italia dal 1920/’24) viene dunque arrestato nel 1940 (e non nel 1943 a Carpaneto!) da gendarmi fascisti, in ottemperanza alla circolare 20 maggio 1940 che stabilisce, in preparazione dell’entrata in guerra, l’invio in campo di concentramento degli ebrei stranieri, per i quali Mussolini e il re avevano decretato l’espulsione con le leggi razziali fin dal 1938 (Rdl. 7 settembre 1938-XVI, n. 138. Provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri). Markus è perciò inviato a Ferramonti Tarsia (Cosenza), uno dei 43 campi di concentramento italiani, istituiti dal regime fascista nel Centro-Sud Italia, con decreto del duce del 4 settembre 1940 (Disposizioni relative al trattamento dei sudditi nemici internati). A metà ottobre 1941, sempre in stato di arresto, ottiene l’“internamento libero” con la famiglia a Carpaneto piacentino, in residenza forzata (“abitava” è scritto sulla pietra!) nello stabile del segretario comunale di via Cesare Battisti, con obbligo quotidiano di firma all’autorità di polizia, divieto di lavoro e sottoposto, con la moglie e i due ragazzi di 17 e 20 anni, al divieto di circolazione al di fuori di orari prefissati, a controlli e una continua e sospettosa sorveglianza. Il 30 novembre 1943 (ordinanza n. 5), il Ministero dell’Interno della Repubblica sociale italiana, alleata dell’occupante germanico dopo l’8 settembre, dispone l’arresto anche degli ebrei italiani e l’invio di tutti gli ebrei a Fossoli, che diventa campo di transito per le camere a gas del Terzo Reich. Le autorità di Salò e quelle del Terzo Reich definiscono una sorta di divisione dei compiti: gli italiani si occupano dell’arresto e dell’internamento degli ebrei; i tedeschi ne organizzano la progressiva deportazione. Markus Nichtberger viene alfine condotto nel carcere di Piacenza e nel febbraio 1944 nel campo di transito di Fossoli/Carpi con la figlia Dina. Da qui sono deportati ad Auschwitz/Birkenau il 5 aprile 1944 con il trasporto n. 37/convoglio n. 9, giunto nel Lager dopo cinque giorni di viaggio. Bob con la mamma vi è condotto con il trasporto successivo, il 23 maggio.
Ad Auschwitz II, Birkenau, tutta la famiglia Nichtberger sarà sterminata.
Questa, Signor Sindaco, è la storia di Markus Nichtberger.
Nonostante i suoi uffici non ci abbiano mai contattato per acquisire le informazioni necessarie ad avviare la pratica della pietra d’inciampo, nel mese di settembre/ottobre una collaboratrice dell’Istituto ha provveduto ad inviare a Roberta Cristalli, referente dell’Ufficio cultura del suo Comune, la scansione delle pagine relative alla famiglia Nichtberger tratte dall’ultima pubblicazione, con l’intento di sostenere con una corretta ricostruzione storica un evento di tale importanza – l’apposizione della pietra d’inciampo -, a cui guardavamo con grande soddisfazione per il valore simbolico e di crescita civile, il coinvolgimento dei giovani e della cittadinanza intera.
Invece dobbiamo rammaricarci per la diffusione, peraltro in una cerimonia ufficiale, alla presenza delle Autorità e delle scuole, di informazioni generiche piene di omissioni, che certo non contribuiscono all’assunzione di una responsabilità storica collettiva rispetto alla persecuzione antiebraica attivamente operata da alcuni e largamente ignorata da molti italiani, come da anni la storiografia ha accertato (circa il 50% degli arresti di ebrei per la deportazione dei quali è noto il dato, come nel caso dei Nichtberger a Carpaneto, sono stati operati da italiani o da soli o con tedeschi). Che altro significato potrebbero avere infatti la celebrazione del Giorno della Memoria e l’apporre lapidi e pietre d’inciampo se non quello di ricordare cosa e come è avvenuta la persecuzione dei diritti e delle vite degli ebrei al fine di evitare il suo ripetersi rispetto a quella o ad altra minoranza?
Augurandoci che lei voglia rimediare concretamente al danno arrecato alla memoria di Markus Nichtberger e indirettamente ai giovani delle scuole coinvolti nell’iniziativa, che sono stati informati in modo parziale e distorto, mettiamo di nuovo a sua completa disposizione le nostre conoscenze e competenze.
Carla Antonini (Direttrice Isrec – Istituto di storia contemporanea di Piacenza)
Fabrizio Achilli (presidente Isrec – Istituto di storia contemporanea di Piacenza)
Piacenza, 5 febbraio 2020